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Nascituro Morto e Responsabilità del Ginecologo

Nascituro Morto e Responsabilità del Ginecologo

Il rispetto delle linee guida non sempre basta: il medico deve verificare sempre le specificità del caso concreto

La lettura della recentissima sentenza n. 37617 del 18.10.2021 è l’occasione per ripercorre le tematiche “calde” della responsabilità del medico in sede penale e la rilevanza “scusante” del rispetto delle linee guida – anche – secondo la legge Gelli-Bianco.

Il caso

La Corte d’appello di Milano, con decisione del 12 novembre 2019 riformava la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Varese l’8 giugno 2018 assolvendo M.M., medico ginecologo presso l’ospedale di Cittiglio, dal reato a lui ascritto, perché il fatto non sussiste, per l’interruzione improvvisa della gravidanza provocata in danno di N.V.

In breve, la N.V., alla trentunesima settimana di gravidanza, all’esito di preoccupanti ed abbondanti perdite di liquido trasparente e dolori pelvici, il mattino del 7 aprile 2015, alle ore 8,42, si recava presso il pronto soccorso del nosocomio dove prestava servizio il medico imputato, il quale effettuati gli accertamenti di rito (esame ispettivo tramite speculum, esame del Prom Test ed ecografia) disponeva in breve tempo le dimissioni della paziente rassicurandola sulle proprie condizioni di salute.

Tuttavia, il feto nasceva privo di vita qualche giorno dopo, l’11 aprile 2015 alle ore 4,50.

I giudici dell’appello ritenevano non sussistente il nesso causale tra l’errata lettura del tracciato e la rottura delle acque e il successivo decesso del feto, assolvendo così il ginecologo dall’accusa poiché, in ogni caso, il sanitario aveva rispettato le linee guida nel trattamento della paziente avendo effettuato gli accertamenti necessari previsti nel caso di specie.

La parte civile riteneva errata la sentenza di assoluzione e proponeva ricorso per Cassazione.

Le linee guida

Le linee guida “definite e pubblicate nel sito internet del Ministero della Salute” sono un insieme di raccomandazioni sviluppate sulla base di conoscenze aggiornate in modo continuativo finalizzato a rendere appropriato un comportamento desiderato da parte del malato.

Il rispetto delle linee guida e della buona pratica medica costituisce nella giurisprudenza una causa di non punibilità del medico in caso di imperizia e alla sussistenza di determinati presupposti.

Recentemente, la legge n. 24 del 2017 (Gelli-Bianco) ha previsto che l’osservanza delle linee guida esonera dalla responsabilità penale il medico, in caso di imperizia, senza alcuna specificazione – questa una delle novità di maggiore interesse e oggetto di critiche – relativamente all’elemento soggettivo della colpa grave o colpa lieve.

In ogni caso, secondo l’art. 6, comma 2, della legge Gelli-Bianco, il medico al fine di andare esente da responsabilità, nel caso di imperizia, deve sempre valutare che “le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

La novità rilevante introdotta dalla legge appena richiamata certamente consente al medico di far riferimento alle linee guida nell’approccio terapeutico per la cura del paziente ma, tuttavia, non lo esonera dal prestare la massima attenzione nel considerare tutti quei parametri concreti del paziente che potrebbero determinarlo, addirittura, a derogare radicalmente dalle previsioni delle linee guida previste per quella fattispecie.

Il dovere del medico e il diritto del paziente

La sentenza della Cassazione oggi in commento, pur ravvisando – correttamente – la non applicabilità della legge Gelli-Bianco al caso di specie ratione temporis, ha ritenuto sussistenti i criteri generali per i quali la natura e la finalità delle linee guida devono pur sempre essere attuati nel caso concreto.

La condotta del medico deve in ogni caso essere valutata di volta in volta e non può essere bastevole la sola considerazione che il medico abbia pedissequamente rispettato le linee guida per farlo andare esente da responsabilità penale.

In altre parole, può essere esclusa la punibilità del medico nel caso in cui l’evento si sia verificato a causa di imperizia quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida sempreché queste “risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Quindi, come già sostenuto dalla medesima Corte di Cassazione – in una prospettiva di centralità dei diritti del paziente – il criterio di valutazione che fa riferimento alle linee guida “nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all’autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura del paziente”.

Il medico, quindi, ha sempre il “dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui la scienza medica dispone” (Cassazione n. 8254 del 23 novembre 2010).

Conclusioni

Il caso che ha occupato i giudici della Cassazione ha messo in evidenza come il medico ginecologo avesse rispettato le linee guida, tuttavia, la Corte d’appello aveva completamente omesso di verificare se, rispetto alle peculiarità del caso concreto, l’osservanza delle linee guida fosse bastevole o richiedesse, invece, un approfondimento delle condizioni della paziente, mantenendola per qualche tempo in ambiente ospedaliero.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha fatto corretto riferimento ai principi tracciati già nei precedenti giurisprudenziali nella medesima materia, affermando come la condotta del medico nell’approccio curativo verso il paziente non potrà mai attenersi solo ed esclusivamente ad un asettico rispetto delle linee guida, ma dovrà sempre adeguarsi al caso concreto.

Sembra, quindi, doveroso sottolineare come l’arte medica resti pur sempre ancorata a valori deontologici, professionali ed umani imprescindibili e che non possa rimettersi solo ed esclusivamente all’osservanza – di pur sempre valide e opportune – linee guida.

Il caso esaminato porta a riflettere nel momento in cui si consideri che, con elevato grado di probabilità, nel caso in cui il medico avesse deciso di osservare in ambito ospedaliero la paziente giunta al suo cospetto, quasi sicuramente la morte del feto si sarebbe evitata e una nuova vita avrebbe visto la luce.


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